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10 aprile 2008

Il disordine sono


La luce sono sui muri,

l’odore, ma non il luogo.

Scompongo per natura

me stesso, non è lei l’esistenza a entrare in me,

sono io a entrare nei luoghi

che compongono la sua essenza.

il disordine sono, senza

la maglietta,

un nudo improvviso sono,

-Copriti!-,

(prenderai di certo un colpo).

la luce sono sui muri,

l’odore, ma non il luogo.

trasformazione,

leontiasi, licantropismo:

vibrisse e code,

armonia che pago

con instabilità,

io il più solido masso

che mai abbia incalcato la terra.

la luce sono sui muri,

l’odore, ma non il luogo.

luce sui muri sono

e fede: spada, calice, cuore,

avidità per tutto:

sento con orecchie tese

il sussurro di ciò

che continuamente potrebbe essere,

e sono istigato a dargli vita:

schiavo sono, ma per mille notti,

mai visto libertà allontanarsi

perchè sono schiavo:

di notte io sono il padrone delle materie,

reggono universi, sono

il cambiatore di ritmi,

l’incudine pestata dall’incessante martello.

la luce sono sui muri,

l’odore, ma non il luogo.



Halvhari

Un'alba d'inverno


Bruciati i segni

E gli angoli delle pagine

Messo in risalto dalla sua assenza,

un incredibile cielo si fa ricordare.

“ogni vita abbastanza lunga”

è il fatto che porta con sé.

Quando ieri si è alzato

Sopra la spianata di ghiaia

(nel chiuso del capannone

continuava invece la notte)

io ero da molte ore

già via da me stesso,

perché in quell’alba apparsa

senza che la attendessimo

nessuno si conosceva

che per l’incontro scorretto

di tempo e infinito:

è tutto consumato

ora, il grande piatto vuoto

ieri era fumante.

Se nulla si è aggiunto,

ove si è tolto

regna il dovere dell’oblio:

non è a questi timori

che la lingua materna

mi ha insegnato.

Bruciati i segni,

e gli angoli delle pagine,

messo in risalto dalla sua assenza

un incredibile cielo si fa guardare:

non sarà lui a soffrire

i segni della disgrazia:

nel mio essere medico

non si contemplano cure infinite,

ma rassegnazione d’albero

fatto di più rami, felci marcite

ricoperte dal loro futuro,

da rami tagliati e ricresciuti.

Alcuni anelli fissati nel gelo

Pare che siano come cert anni:

Io sono,

senza dover far nulla,

parte del gregge,

nella misura in cui

non so chi sarà l’Ulisse

che trafugherà dai ciclopi:

nela misura che mi è congeniale sarò mangiato

per il peccato più sereno,

il meccanismo del sacrificio

(…- Dalla grotta fuggirà chi merita?)

Non prevedevo

che nelle mani

avessi una vita,

è diventata mia solo quando l’ho incisa,

graffiata,

(- Gli scoperchiatori delle piramidi,

i ladri delle lamine d’oro.)

L’unico timore

era riportare le uova intatte a casa.

Ma non prevedevo

che nelle mani

avessi una vita:

quando lo vidi,

incisi sul banco, ruppi ogni guscio,

e ieri,

sopra la spainata di ghiaia

e nel chiuso del capannone.

bruciati i segni

e gli angoli delle pagine,

messo in risalto dalla sua assenza,

un incredibile cielo si fa ricordare.



Halvhari

8 aprile 2008

Doppio

(6 Jan 2008, 08:48)

doppio,
metti in conto
per cento altre volte,

sempre tenere
finestre aperte-

mondo assurdo
mondo assurdo
quando ogni piombo si abbatte sordo
tu ridi

ed io scopro di avere un orecchio
solo per il tuo sorriso,
scopro di essere doppio.

scopro che il tempo non è passato
nel suo correggere,
non è un lago,
eppure! Il suo viso è fermo
mentre mi specchio,

e vi trovo argentina,
trovo antiche ali inchiodate
che sbattono ancora.

Non mi avrà il cinismo dell'era
non confonderò dolore del cuore
e pesi della terra.

Sono doppio e sono salvo,
un equilibrio imperfetto
mi trova sveglio di notte.


Halvhari